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CONTESTO COMUNITARIO

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Fonte: Rielaborazione digitale da Google Earth

Il paesaggio attorno ai laghi di San Giorgio e Santa Maria, nel Veneto orientale, ha accumulato un patrimonio culturale e ha manifestato la capacità di rappresentare una particolare interazione tra l'uomo e l'ambiente naturale.
A differenza di altri luoghi del mondo, riconosciuti oggi come protagonisti di un passato, e dove la resilienza umana ha agito con successo per secoli, questo luogo ha saputo adattarsi per 7.000 anni. Questa particolarità gli permette di raccontare una storia di armonia tra l'uomo e un territorio, che ha sempre fornito le condizioni ottimali di sussistenza in risposta a specifiche esigenze storiche. Difficile quindi incontrare realtà simili in contesti geografici così marginali.
Inoltre, nel 2019, l'UNESCO ha dichiarato quest'area una zona cuscinetto come paesaggio culturale evolutivo.
INQUADRAMENTO GEOGRAFICO
I laghi di San Giorgio e di Santa Maria sono due bacini, per lo più imbriferi, all’interno di una vallata compresa tra le Prealpi Bellunesi e le colline dell’Alto Trevigiano.
Il solco vallivo che si estende da Longhere a
Follina è conosciuto come La Vallata. La sua forma è conseguenza del ritiro della lingua del Ghiacciaio Piave, detta Ramo Lapisino, avvenuto durante il Tardoglaciale, a partire da 19.000 anni fa. Questo fenomeno ha fatto emergere varie depressioni che hanno dato origine a bacini: alcuni di essi, nel tempo, bonificati.Il lago Lapisino, alimentato dal ghiacciaio, si estendeva da Revine lungo la valle, approssimativamente fino alla località di Gai di Cison di Valmarino. Così come riportato dalla cartografia e tramite una ricerca bibliografica, è possibile affermare che i Laghi fossero un unico bacino fino a metà dell'ottocento.
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Fonte: Rielaborazione digitale da Google Earth

EVOLUZIONE TERRITORIALE DE LA VALLATA
Amministrativamente, il laghi ricadono nei Comuni di Revine-Lago e Tarzo. Conosciuti anche come Laghi di Revine, attualmente sono uniti da un piccolo canale artificiale detto Canale delle Barche o Stret. Sono alimentati da risorgive carsiche e da corsi d’acqua caratterizzati da un regime torrentizio. I principali in termini di portata e riscontrabili sulla cartografia, nascono sul versante sud prealpino. I bacini sono i maggiori affluenti, tramite il canale La Tajada, del Fiume Soligo, che a sua volta confluisce nel fiume La Piave.
Il cosiddetto “istmo”, che attualmente li divide, era un’area paludosa così come lo è tutta la superficie all’imboccatura del canale La Tajada. Quest’ultimo venne modificato alla fine del ‘700 per consentire una bonifica dei terreni circostanti e subisce, con intervalli regolari, opere di dragaggio.
Già in epoca medievale, il territorio venne sottoposto ad un’importante antropizzazione, però fu il periodo ottocentesco, caratterizzato dal susseguirsi delle dominazioni, quello che maggiormente modificò il territorio con opere di bonifica, infrastrutturali ed edilizie.
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Fonte: Rielaborazione digitale da Google Earth

RICOSTRUZIONE DELLE RICERCHE ARCHEOLOGICHE
I primi ritrovamenti archeologici risalgono al 1923 quando, durante un intervento presso il Canale delle Barche, si rinvenne una spada in bronzo di tipo Sauerbrunn, risalente al XV secolo a.C..
Successivamente, vennero scoperti un’altra piccola spada in bronzo della stessa tipologia e due pugnali di tipo Peschiera risalenti al XIII secolo a.C..
Verso la fine degli anni ottanta, vennero riportati alla luce materiali fittili, litici, resti faunistici e paleobotanici.
La ricerca ha visto il susseguirsi di varie campagne di scavo durante gli anni novanta. Le analisi, i carotaggi e gli scavi, consentirono di individuare tavolati lignei, palificazioni verticali, resti paleobotanici, frammenti ceramici, litici ed ossei. Grazie a questi risultati si ipotizzò che l’area fosse stata interessata dalla presenza di un villaggio su bonifica del tardo Neolitico e degli inizi dell’Età del rame (IV-III millennio a.C.) con una sporadica frequentazione durante l’antica Età del bronzo (XVIII secolo a.C.) (Bianchin Citton, 1991).
Nel 2016, in concomitanza con la realizzazione del ponte pedonale sul Canale delle Barche, è stato possibile recuperare ulteriori reperti riferibili al Neolitico avanzato.La zona dei Laghi è nota anche per altri ritrovamenti degli anni settanta, che hanno fatto emergere, in località Fornaci di Revine, un deposito tardoglaciale di tronchi fossili situati all’interno di una cava (14.765 ±35 B.P., 14.370±115 B.P.) (Toniello, 1975).
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